Il Duca
Legni
Nel mio laboratorio faccio stagionare i ciocchi di radica per un periodo che va dai due ai tre anni. La radica è l’elemento essenziale che costituisce la pipa, è l’essenza della pipa stessa e la mia attenzione per l’elevata qualità di quest’ultima, è dettata da due ordini di ragioni:
la prima, forse quella esteriormente non visibile, è la genuinità del prodotto che dovrà essere utilizzato. La radica infatti, per stagionatura e conservazione, oltre che per una particolare tecnica di foratura che ho sviluppato con la mia esperienza, non permette che si formi umidità o la fastidiosa acquerugiola durante la combustione. Tutto ciò ha il notevole pregio di far degustare al meglio il tabacco anche a chi, come me, scalda molto la pipa mentre fuma. La radica sopporta dunque anche elevatissime temperature, che possono essere generate da fumate più "nervose", tipiche di chi è anche fumatore di sigaretta, senza che si formi umidità.
la seconda è invece esteriore ed è volta a coniugare alla genuinità del prodotto, la bellezza di radiche fiammate o con particolari occhi di pernice o di pipe sabbiate, che presentano per la qualità intrinseca della radica stessa, una sabbiatura che viene a svilupparsi sul fornello quasi fosse una "ragnatela".
Non vi può essere dunque reale perfezione tanto estrinseca quanto intrinseca se la materia prima non è ottima. Di ciocchi di radica ve ne sono di diversi tipi e specie, ma solo un prodotto di ottima qualità può contemperare entrambi gli aspetti sopra descritti. Prevalentemente utilizzo radiche del nord Italia con rigidi criteri di stagionatura che vanno come minimo dai due ai tre anni. Ultimamente, inoltre, mi sono appassionato anche alla lavorazione di legni alternativi estremamente interessanti per le loro potenzialità aromatiche, quali l’ulivo e il corbezzolo, con i quali costruisco pipe tanto lisce quanto sabbiate e rusticate.
Inserti
Riguardo agli inserti nella mia storia di pipemaker ho avuto una evoluzione: inizialmente facevo inserti anche metallici quali in argento, ora invece, sono prevalentemente in legno. Utilizzo in particolar modo il legno in quanto, a mio avviso, riesce ad esaltare maggiormente quelle che sono le potenzialità della radica. Sono sempre alla ricerca di nuovi materiali per gli innesti, ma prevalentemente ora utilizzo: amboina, bosso, palissandro, palma rossa o nera, rose wood, snake wood, tulip wood, ulivo, osso di vari animali (tra cui avorio fossile, tibia di giraffa, zanna di facocero), ecc. Questi materiali, come innesto, possono presentarsi o come un tassello o come un anello o come una pallina o con altre ulteriori lavorazioni.
Spesso per esaltare ancor più le potenzialità degli innesti sono solito sottoporli a particolari lavorazioni, frutto di uno studio intenso e di diverse prove sperimentali. Sempre nella mia evoluzione di pipemaker, se in passato utilizzavo anche bocchini in ebanite ora prevalentemente faccio bocchini in metacrilato (anche nelle sue diverse varianti, quale ad esempio salamandrato) o in kumberland. I bocchini sono interamente lavorati a mano; acquisto, infatti, le barre di kumberland o metacrilato e in questa lavorazione ho adottato una serie di accorgimenti per far sì che il bocchino sia particolarmente confortevole quando lo si addenta. Perchè si possa altresì degustare al meglio il fumo del tabacco creo una particolare apertura a coda di rondine, di modo che il fumo si "apra" e non raggiunga diretto la lingua. Naturalmente, pongo particolare attenzione acciocchè non vi sia alcuno "scalino" tra il bocchino ed il cannello, in particolar modo nei bocchini che hanno una particolare lavorazione che viene a concludere quella iniziata sul cannello (ad esempio attorcigliamenti). Sempre per dare maggior pregio all’estetica della pipa e alla qualità della fumata applico alle mie pipe una ulteriore lavorazione di cui vado molto fiero e per la quale spesso ricevo apprezzamenti: l’innesto del bocchino tradizionale viene a costituire un perno anti-rottura in nylon o in delryn, cosicchè qualora la pipa cada, il cannello non si viene a rompere oppure di molto sono limitati i danni. Questo metodo altresì per sua natura evita quella difficoltà che può esservi nello svitamento/avvitamento del bocchino nel cannello qualora la pipa sia ancora calda.
Per quanto riguarda il flock, ultimamente sono solito applicare un anello in ottone, il cosiddetto "army mount" utilizzato spesso anche dai danesi affinchè non vi siano dilatazioni e il tutto rimanga integro nel tempo. Ultimamente ho iniziato ad innestare il bocchino sull’inserto dando continuità e maggior pregio alla lavorazione della pipa.
Colori
Terminata una pipa indipendentemente dal fatto che essa sia rusticata, sabbiata o liscia, iniziano a porsi in me degli interrogativi circa quella che può essere o meno la colorazione. Di fronte al come e se colorare, adotto differenti soluzioni volte ad esaltare al meglio quelle che sono le caratteristiche intrinseche della radica e della pipa che ho realizzato. Tanto la linea rusticata quanto quella sabbiata o liscia può essere colorata, naturale oppure può essere naturale presentando in alcune sue parti la colorazione. Specie le pipe rusticate e quelle sabbiate amo mantenerle, talora, nella loro totalità o nella loro maggior parte, naturali lasciando dunque che la radica "si colori" ed assuma un elemento cromatico ambrato grazie al sebo della pelle. La linea liscia, invece, è quasi sempre colorata.
I colori che utilizzo sono totalmente naturali e questo per cercare di essere il meno possibile aggressivi rispetto al materiale primo. Solitamente i colori da me utilizzati sono sia il marrone chiaro che il marrone scuro con diverse tonalità e sfumature. Per esaltare maggiormente quello che è l’occhio di pernice, la fiammatura o le altre caratteristiche della radica, dopo aver scelto accuratamente il colore e la sua gradazione, mi accingo a quest’ultima fase attraverso la tecnica della cosiddetta "doppia colorazione", al fine di sottolineare ancor più i finissaggi delle mie pipe.
Fonte: www.ducapipe.com
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